La favola di Mikao Usui


LA MIA INTRODUZIONE:
Ogni cosa che leggiamo o ci viene tramandata non va presa come oro colato, ci vuole discernimento.
Il mito di Mikao Usui introdotto e fatto legge,  andrebbe preso per quello che è !
Alcuni esempi: il collegio maschile cristiano in più occasioni ha smentito ufficialmente che Mikao Usui è stato un docente presso di loro, sono state fatte ulteriori ricerche e non risulta neanche come studente, o che abbia preso una laurea in altri Istituti. Anche sulla sua religione visto che proviene da una famiglia di tradizione buddista, e la sua tomba ha scritture buddiste (se vuoi leggere la mia esperienza quando ho visitato la tomba di Mikao Usui clicca qui) per questo motivo sprono chi legge questa favola ad usare il suo libero arbitrio e non quello del mito che viene tramandato

Un’altra informazione interessante che vorrei darvi è che non si hanno molte testimonianze certe sulla sua vita fuori dal Giappone, poiché prima quando si emigrava era consuetudine adattare il proprio nome alla pronuncia della nazione.

Una notizia confermata è che ha studiato per un periodo in Cina, presso la facoltà di medicina, questo lo sappiamo grazie a due colleghi di facoltà, tuttavia senza completare gli studi.
Avendo studiato la pratica delle mani (tecniche della medicina tibetana) e avendo appreso lì le posizioni delle mani, probabilmente nei periodi che Usui stava nei monasteri, anche lui ha studiato queste tecniche antiche di 1500 anni che all’epoca erano segrete ed esclusive solo per i monaci poi sono state piano piano divulgate.  Tuttavia dobbiamo a lui la posizione delle mani sui chakra dei trattamenti Reiki, che essendo i campi magnetici vitali dell’uomo lui ha sfruttato questo per far guarire prima le persone. I simboli sappiamo che sono conoscenze antiche e che lui con i suoi studi ha riportato in luce.
BUONA LETTURA!!
Master Reiki Giuseppe Boccia     
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                                           La favola di Mikao Usui

Così Hawayo Takata narrava ai suoi studenti:

Mikao Usui era un Monaco Cristiano e come ogni domenica, si apprestava a officiare la regolare cerimonia nella cappella del collegio maschile di cui era anche il rettore. Uno degli studenti si alzò in piedi, chiese il permesso di parlare e quando gli fu accordato disse:
"Parlo a nome degli studenti che hanno concluso gli studi e lasceranno la scuola per andare nel mondo. Noi siamo giovani e abbiamo tutta la vita davanti a noi, ma abbiamo anche molti dubbi e timori e vorremmo delle rassicurazioni. Per anni abbiamo studiato in questo collegio e conosciamo la Bibbia, sappiamo che Gesù Cristo operava miracoli perché le persone credessero in lui. Ma noi non abbiamo mai assistito ad alcun miracolo e ci chiediamo che cosa significa credere in Dio. In tutti questi anni, Dottor Usui, Lei è stato il nostro insegnante e la nostra guida, conosciamo la Sua fede profonda nelle Sacre Scritture, ma noi non abbiamo la Sua fede. Per favore, la preghiamo di darci una dimostrazione che ciò che è scritto corrisponde a verità."
Usui disse che effettivamente era un buon Cristiano e che aveva un’assoluta fiducia che ciò che si diceva del Cristo fosse pura verità e che esistevano testimonianze storiche e opere teologiche che dimostravano le capacità taumaturgiche del Cristo e l'esistenza dei miracoli. Ma lo studente continuò: "Noi la onoriamo e la rispettiamo come nostro Maestro, ma tra poco noi saremo fuori di qui e ce la dovremo cavare da soli. Noi le chiediamo di farci vedere come si fa a restituire la vista a un cieco o a guarire un lebbroso o a resuscitare un morto."
Usui rispose che questo non poteva farlo, perché nessuno glielo aveva insegnato. E lo studente riprese a parlare, questa volta con un velo di amarezza nella voce: "Noi la ringraziamo per tutto quello che ci ha insegnato, ma ora sappiamo che la Sua fede è una fede cieca e noi non vogliamo credere ciecamente a qualcosa, vogliamo fatti e dimostrazioni tangibili, vogliamo essere certi che quello che facciamo o diciamo esiste davvero. Lei ha ricevuto in dono questa fede assoluta e ha vissuto a lungo per rafforzarla, ma questo riguarda la Sua vita. Noi stiamo iniziando la nostra e abbiamo bisogno di una dimostrazione per continuare a credere in Lei e nei Suoi insegnamenti e avere un giorno la Sua stessa fede."
Usui disse che non poteva mostrare alcuna guarigione in quel momento, e non volle proseguire oltre quella discussione. Ma le parole dello studente lo avevano profondamente colpito e dopo un lungo silenzio aggiunse: "Bene, dunque. Io non posso dimostrarvi nulla, in questo momento, ma un giorno ve lo proverò. E per fare questo fin da ora rassegno le mie dimissioni da ogni incarico e parto alla ricerca del segreto della guarigione, e quando lo troverò, ritornerò e ve ne darò una dimostrazione."
E così Mikao Usui, non più giovanissimo, partì alla ricerca di come poter guarire gli ammalati e ridare la vista ai ciechi. Per sette anni approfondì i suoi studi sul Cristianesimo e sulla Bibbia ma non trovò alcuna spiegazione né alcuna formula sulla guarigione. Studiò altre Religioni e Filosofie e quando giunse al Buddismo scoprì che anche il Buddha conosceva l'arte di guarire i ciechi e i lebbrosi. Si recò dunque nei monasteri chiedendo ai monaci se fosse vero che nei Sutra si parlava del potere di guarire le malattie, ma la risposta era quasi sempre la stessa:
"Si, certo, è scritto che il Buddha guariva i lebbrosi appoggiando le mani sul loro corpo, ma noi monaci buddisti riteniamo che tutto dipende dalla mente e non possiamo dedicare molto tempo al corpo. Certo è importante mangiare e bere moderatamente e occuparsi di essere in salute e rispettosi della vita, ma quello che ci preme innanzi tutto è la salute dello Spirito. Per questo noi trascorriamo lunghe ore immobili nella meditazione o recitando preghiere, per trascendere il corpo e sviluppare le facoltà della mente."
E ogni volta Usui faceva un inchino, ringraziava e andava nel monastero successivo. Trascorsero mesi e mesi di infruttuose ricerche, tutti sembravano troppo occupati con la mente per interessarsi del corpo, e Usui era molto depresso. Ma non mollava e ogni volta diceva a se stesso che evidentemente doveva esserci un altro posto in cui cercare.
E finalmente trovò un Tempio Zen, fu accolto con benevolenza, gli fu accordato il permesso di leggere i Sutra e di partecipare alle sedute di meditazione con i monaci. Passarono altri tre anni ed era sempre più chiaro per Usui che le ricerche sarebbero durate ancora molto tempo. Egli comprese che molte trascrizioni erano originariamente scritte in cinese e per leggerle imparò il cinese, poi pensò che Buddha era nato in India e che sicuramente molte delle scritture non erano state ancora tradotte. E fu proprio in quei Sutra scritti nell'antica lingua sanscrita che Usui alla fine trovò la formula. Niente di complicato, semplice e chiara come due più due fa quattro e tre più tre fa sei. Ma la formula era stata scritta 2.500 anni prima. Doveva essere interpretata correttamente. Avrebbe funzionato o lo avrebbe ucciso?
Usui parlò con il monaco che dirigeva il monastero Zen: "Andrò sul monte Koriyama e mi sottoporrò alla prova per 21 giorni. Digiunerò e mediterò. Arrivato a questo punto non posso tirarmi indietro. Se il ventiduesimo giorno non sarò ritornato, mandate a cercare il mio corpo perché vorrà dire che sono morto."
E partì. Scelse un luogo vicino a un corso d'acqua, si sedette sotto un grande cedro e iniziò la meditazione. Collocò davanti a sé ventun sassolini, e ogni giorno che passava ne toglieva uno. Egli sapeva che doveva aspettare che accadesse qualcosa, ma non sapeva cosa. E nel frattempo leggeva le scritture, recitava i Sutra, meditava e beveva solo acqua. Stava per sopraggiungere l'alba del ventunesimo giorno, la notte era ancora scura, senza luna, senza stelle. Quella era l'ultima meditazione.
Quando aprì gli occhi vide in lontananza una piccola luce tremolante, come la fiamma di una candela. La luce si avvicinava verso di lui, puntando diritta alla fronte. Ne ebbe paura, pensò che era ancora in tempo per evitarla o per chiudere gli occhi, ma sapeva che quella era la prova che stava aspettando e rimase a fissarla. In un attimo la luce lo colpì in mezzo alla fronte e l'impatto fu così forte che Usui cadde all'indietro. Quando cominciò a guardarsi intorno, ancora stordito dal colpo, vide milioni e milioni di sfere di luce agitarsi, muoversi, danzare davanti a lui. Avevano tutti i colori dell'arcobaleno, tutti e sette. Una grande luce apparve davanti a lui e come su uno schermo egli vide passare in lettere dorate ciò che aveva appreso quando leggeva il testo sanscrito. Le parole pulsavano davanti ai suoi occhi come dicendo: "Ricordati, Ricordati. E' Così. Ricordati".
E Usui non sentiva più dolore, né paura, né fame ne stanchezza e sentì che aveva ricevuto una benedizione, quel giorno. "Ora posso aprire gli occhi e gettare l'ultimo sasso" disse. Si alzò e riprendendo il cammino di ritorno si accorse che le sue gambe erano forti e i piedi stabili, come se avesse pranzato. "Questo è il primo miracolo!" pensò, "Mi sento sazio e riposato".
Scendendo dalla montagna, inciampò in una roccia e si ferì un dito del piede, l'unghia era staccata, la ferita sanguinava e doleva molto. Istintivamente afferrò il dito con la mano e poco dopo sentì un profondo calore che entrava nella ferita. Il dolore scomparve e il sangue cessò di uscire. "Questo è il secondo miracolo!", pensò. E continuò il cammino.
Dopo un po' giunse ad una locanda dove si fermò per riposare e per mangiare qualcosa. La figlia del locandiere aveva un terribile mal di denti, e da settimane piangeva dal dolore. Usui mise le mani sulle sue guance e in poco tempo il male svanì. La ragazza incredula e felice saltava qua e là ringraziando e dicendo a tutta la famiglia che quello non era un monaco normale, ma che aveva qualcosa di magico nelle sue mani. Il locandiere per sdebitarsi offrì una abbondante colazione al suo inatteso ospite, non nascondendo il timore che dopo tanti giorni di digiuno potesse arrecargli danno. Dopo essersi saziato Usui pensò che erano accaduti altri due miracoli: la ragazza non aveva più il mal di denti e lui non aveva fatto indigestione!
Verso sera fu di ritorno al monastero e come prima cosa voleva vedere il monaco per raccontargli ogni cosa, ma il monaco soffriva di artrite ed era in preda ad un violento attacco di mal di schiena. Usui andò a trovarlo nella sua piccola stanza e mentre raccontava teneva appoggiate le sue mani sulla schiena del povero malato. Disse del digiuno, della lunga attesa, della luce e di come era andata la giornata. Terminato il racconto Usui fece per congedarsi, ma il monaco dopo un attimo di stupore disse: "Il dolore non c'è più, potrò dormire finalmente! Mi sento meravigliosamente pieno di energia! Così è questo che tu chiami Reiki! Domani parleremo ancora". E così decisero che il modo migliore per usare il segreto della guarigione era portarlo dove più ce n’era bisogno, ovvero nei sobborghi di Kyoto, nel quartiere dei mendicanti. Infatti Usui vi si stabilì per diversi anni, perfezionando la tecnica della guarigione. Scoprì che i giovani guarivano più in fretta, bastavano pochi giorni di trattamento, mentre gli anziani necessitavano di settimane, a volte mesi di trattamenti Reiki. Ogni giorno lavorava instancabilmente e a poco a poco quasi tutti erano guariti dalle loro malattie, così essi potevano recarsi in città per  trovare un lavoro e diventare cittadini rispettabili.
Ma un brutto giorno, mentre Usui girava per il sobborgo per vedere quanto lavoro restava ancora da fare, incontrò una faccia conosciuta, e poi un'altra e un'altra ancora. Si accorse che le persone che aveva guarito e che avevano cambiato vita stavano ritornando indietro, volevano fare di nuovo i mendicanti. Allora Usui ebbe un violento eccesso di collera, vide il lavoro di anni vanificarsi in un attimo e iniziò ad urlare: "Cosa ho fatto!? Cosa ho fatto!? Io non ho salvato una sola anima! Dunque avevano ragione che la mente è più importante del corpo… Ho dunque fallito, completamente fallito… Se avessi pensato prima di tutto a guarire il loro spirito e poi il corpo forse non sarebbe andata così".
Era davvero deluso e amareggiato e se la prendeva con se stesso. Quando chiese ai mendicanti perché fossero tornati, uno rispose: "Chiedere l'elemosina è un mestiere molto più facile di tutti quelli che ho trovato là fuori. E' più facile trovare qualcosa da mangiare e un posto dove dormire che lavorare tutto il giorno. Fare il mendicante è un buon lavoro, mi riempio la pancia e non devo stressarmi più di tanto." Le ultime parole di Usui furono: "Ingrati, siete avidi e ingrati, volete tutto per voi e non siete disposti a dare nulla in cambio: ecco perché siete di nuovo in mezzo al fango. I mendicanti restano mendicanti, siete solo capaci di chiedere, ma non conoscete né gratitudine né generosità. Basta Reiki, basta mendicanti!"
Ma gli anni di lavoro nel quartiere non erano stati vani: ora egli sapeva che non bastava guarire il corpo, ma occorreva anche insegnare agli uomini ad essere grati per la vita, ad essere onesti e generosi e a ringraziare Dio per i doni di ogni giorno. Così nacquero i Princìpi del Reiki: Solamente per oggi, non arrabbiarti. Solamente per oggi, non preoccuparti. Terremo conto di tutte le benedizioni e onoreremo i nostri genitori, i nostri insegnanti e i nostri vicini. Onoreremo il cibo, non lo sprecheremo, perché anche il cibo è un dono di Dio. Vivremo onestamente, ci guadagneremo da vivere in modo dignitoso e infine saremo pieni di amore e di compassione verso tutto ciò che ha vita.
Usui trascorse il resto della sua vita viaggiando per il Giappone a piedi. Egli andava nei mercati affollati di gente e vagava su e giù con una lampada accesa in mano in pieno giorno. Quando qualcuno gli faceva notare, rispettosamente, poiché era un monaco conosciuto e stimato, che se cercava qualcosa non c'era bisogno di quella luce perché era giorno e si vedeva benissimo, egli rispondeva: "Quello che sto cercando io, non si vede alla luce del sole. Il mondo è pieno di gente triste, chiusa e arrabbiata. Io cerco qualcuno che abbia voglia di far luce nel suo cuore, guarire da ogni sofferenza, e rendere puri e forti la mente, il carattere e il corpo. Se vuoi ascoltare questa lezione, seguimi".

RIFERIMENTI STORICI

15 Agosto 1865

Mikao Usui nasce nel villaggio di Tania, Prefettura Gifu, Giappone

1868

il Principe Mutsuhito (1852-1912) diviene il 122esimo Imperatore del Giappone

con il nome di Meiji ("Guida Illuminata").

1870

Proclamazione della Grande Dottrina

Lo Scintoismo è la Religione Ufficiale dello Stato

1871

Lo Yen diventa la nuova moneta giapponese

1878

All'età di 12 anni Mikao Usui inizia i suoi studi di Arti Marziali

Nasce Chujiro Hayashi

25 Dicembre 1900

Nasce Hawayo Kawamuru (poi Takata)

1912

Muore l'Imperatore Meiji. Gli succede il figlio Yoshihito

con il titolo di Imperatore Taisho

23 Agosto 1914

Il Giappone entra nella I Guerra Mondiale a fianco degli alleati

contro la Germania

1915

Tamai Tempaku fonda la Tecnica dello Shiatsu Ryoho

1921

Hirohito diventa Reggente del Giappone

1922

Sul Monte Kurama, dopo 21 giorni di digiuno e meditazione

Mikao Usui riceve Reiki

Mikao Usui apre il suo primo Centro Reikiin Harajuku, Tokyo

1923

Un terribile terremoto del 7,9 grado della scala Richter distrugge Tokyo

106.000 morti e dispersi, 500.000 feriti e 694.000 case distrutte

1924

Usui si sposta a Nakano, periferia di Tokyo, dove apre un Centro Reiki più grande

1925

Hayashi riceve Reiki da Usui

9 Marzo 1926 

Usui Sensei muore all'età di 62 anni

Viene fondata la Usui Reiki Ryoho Gakkai

1927

Hirohito diventa l'Imperatore Showa

1930

Hayashi Sensei ristruttura il Sistema

chiamandolo Hayashi Reiki Ryoho Kenkyukai

1935

Hawayo Takata riceve Reiki da Hayashi

1938

Hawayo Takata riceve il Certificato di Maestra di Reiki

del Sistema Usui di Guarigione Natural

1941

Il Giappone entra nella II Guerra Mondiale

Hayashi Sensei, in presenza dei suoi studenti, commette "seppuku" (suicidio)

A causa dei conflitti morali ed etici fra il suo dovere di militare

e i suoi valori Reiki
Takata ritorna alle Hawaii.
Da qui in poi inizia la storia del Reiki Occidentale

Master Giuseppe Boccia
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