Ti voglio bene” al papà astronauta nel deserto


Anche se ormai tutti i messaggi, dai semplici saluti alle frasi d’amore, siano frequentemente affidati al web o alla telefonia mobile, dall’America arriva una notizia che ha un po’ il sapore dei tempi di una volta:
Stephanie, figlia tredicenne di un astronauta americano in missione sulla Stazione Spaziale Internazionale Iss, ha trovato un modo insolito per dimostrare il suo affetto al papà nel pieno del deserto del Nevada. 



Con l’ausilio di undici macchine di marca Hyundai, che si muovevano tutte insieme all’unisono, ha scritto sull’immensa pianura sabbiosa la gigantesca scritta “Stephanie loves you” (Stephanie ti vuole bene) indirizzato al padre che sta lavorando tra le stelle.
Ovviamente, non poteva fare tutto da sola:
per compiere la titanica impresa si sono dovuti impegnare decine di tecnici, ingegneri, piloti professionisti, cameramen e operatori di cinema. Infatti l’operazione, denominata “Message to space”, è stata organizzata e finanziata dalla Hyundai con un dispiego di mezzi non indifferente: forse presa dall’idea di scrivere un messaggio sulla sabbia, come talvolta fanno tanti adolescenti (e non), Stephanie ha quindi messo in atto questo suo piano che non solo ha commosso il papà, che ha assistito all’evento dallo spazio, ma ha anche conquistato notorietà mondiale, soprattutto tra gli appassionati di motori e sul Guinness dei Primati.


La sua “opera” è stata infatti classificata come “la più grande immagine mai scritta con i pneumatici” dal libro dei fenomeni: il disegno misura 5,55 chilometri quadrati, abbastanza per essere letto da 300 km di altezza. Per poterlo creare è stato necessario guidare in perfetta sincronia 11 Hyundai Genesis dotate di gomme chiodate.
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Piuttosto, visto l’imponente schieramento tecnologico usato per questo messaggio, viene da ricordare la meraviglia delle scritte di Nazca in Perù, circa 2000 fa. 




Ora non è del tutto vero che quei giganteschi disegni non avrebbero potuto essere disegnati con tale maestrìa senza un aereo, un elicottero, un astronave, perché intorno ad essi, sia pure defilata, qualche altura c’è. Ma in effetti, considerati gli strumenti disponibili all’epoca (corde, picchetti e cervelli illuminati, non altro) sale ancora di più l’ammirazione per quegli artisti (sacerdoti?) che già allora furono in grado di realizzare disegni visibili dallo spazio. 


Che poi tra quei disegni ce ne sia uno definito l’Astronauta (anche questo senza nome) è la circostanza a cui è più bello credere.

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